Nel iniziare a parlare di Guidelines per ATMP, dobbiamo sicuramente partire da questo punto che, come richiamato nel titolo del paragrafo, costituisce un vero spartiacque nella normativa di riferimento per la produzione di questa particolare categoria di farmaci. Sappiamo bene che l’origine di quella che potremmo chiamare una rivoluzione del settore “bio” è iniziata con l’entrata in vigore del famoso decreto 1394/2007 che regolamentava, classificava e assimilava i prodotti medicinali per uso umano di origine cellulare ai farmaci sterili e, dunque, ne regolamentava la produzione facendo uso delle regole adottate per questi ultimi. Prima di questo decreto, i prodotti cellulari non erano considerati farmaci.
Come possiamo ben immaginare, gli ambienti in cui i prodotti a base cellulare erano nati ed avevano percorso i primi passi, erano ben lungi dal poter essere classificati ambienti di grado farmaceutico e conseguentemente, anzi, men che meno, i prodotti messi a punto in questo contesto potevano essere considerati farmaci.
Ciononostante, i prodotti si sono evoluti ugualmente. In molti si sono organizzati e percorrendo strade diverse e spesso complementari, molti di questi prodotti hanno guadagnato la possibilità di essere trapiantati, nell’ambito di studi clinici, in terapie compassionevoli e anche (molto pochi a dire la verità) come prodotti immessi sul mercato, autorizzati al commercio in tutta l’Unione Europea dall’ European Medicine Agency (EMA).
Ma cosa stabiliva (e stabilisce ancora) il decreto 1394/2007?
Sostanzialmente, per lo scopo attuale teniamo a mente tre cose fondamentali (il decreto affronta tutto il percorso del farmaco, dall’autorizzazione alla produzione al confezionamento, dai Clinical Trials alla Farmacovigilanza etc.):
È stato così che molti prodotti, anche promettenti qualche anno fa, per poter giungere ad un uso clinico regolare, hanno subito un rallentamento necessario all’adeguamento delle strutture e solo in tempi più recenti, manifestamente a partire da qualche anno fa, hanno iniziato a riguadagnare (o guadagnare per la prima volta), lo status di prodotti in possesso di MA (Market Authorization), rilasciato dall’EMA.
Allo stesso tempo però, la normativa, in particolare gli Annex che regolano le GMP, in questi stessi anni, nel contesto applicativo degli ATMP, si sono dimostrate solo parzialmente adeguate e le stesse sono state avviate ad un processo di revisione che ne ha perfezionato e “inquadrato” meglio il contesto utilizzativo alla luce sia delle mutate esigenze, sia degli inevitabili progressi che la tecnologia ha fatto in questi anni rendendo le precedenti possibilità di lavoro, se non obsolete, perlomeno degne di revisione per un uso più flessibile e adeguato ad un contesto tecnologico ed esperienziale fortemente mutato in questi anni.
Nascono così operative dal Maggio 2018 le specifiche GMP per ATMP.
A concept clearly stated and often reiterated by the document refers to the Pharmaceutical Quality System (PQS), i.e. the set of measures put in place by the manufacturer, with the aim of ensuring that medicinal products are of the quality required for the intended use (EudraLex, Vol. 4 Ch. 1).
The concept applies and must be demonstrated at the production site level, but in certain cases it must also be demonstrated at the company level (in the case of several production sites). The criterion is well expressed in the dedicated document, therefore we don’t need to expand on the matter.
Another quite important concept for this edition of the GMP specifications for Advanced Therapy Medicinal Products is the “risk-based approach”.
Basically, the legislator agrees that ATMP products are complex and often their behavior is not 100% known, especially in the early stages of development. Therefore, their risk profile may be different and it may depend on many factors: the production process, the characteristics of the starting material, the type of cultivation that is adopted and even when all the conditions are the same, two production batches have a certain degree of variability due to the very nature of the organic product, whose cells are by nature “individual”, linked to the DNA of the same (especially in autologous processes) and not differently, allogeneic processes can show different behaviors between materials from different donors.
These products represent the most exposed front of medical science and the verification of their degree of quality presents specific challenges. For this reason, the regulation establishes that it is necessary to recognize a certain level of flexibility in the evaluation of the product, so that the manufacturer can implement the measures that are most appropriate in relation to the specific characteristics of the processing and maturation of the product itself.
Un concetto chiaramente enunciato e spesso ribadito dal documento rimanda al Pharmaceutical Quality System (PQS) ovvero dell’insieme dei provvedimenti messi in piedi dall’azienda produttrice, con l’obiettivo di assicurare che i prodotti medicinali siano della qualità richiesta per l’uso per il quale sono stati realizzati (Eudralex, Vol. 4 Cap 1).
Il concetto si applica e deve essere dimostrato a livello di sito produttivo ma in certi casi deve essere dimostrato anche a livello aziendale (nel caso si dispongano di più siti produttivi). Il criterio è ben espresso nel documento dedicato e non ci dilungheremo oltre.
Un altro concetto abbastanza chiave per questa edizione delle specifiche GMP per gli ATMP è il concetto di approccio al rischio.
Sostanzialmente, il legislatore concorda sul fatto che i prodotti ATMP sono complessi e spesso il loro comportamento non è noto al 100% soprattutto nelle fasi iniziali dello sviluppo. Quindi il loro profilo di rischio può essere diverso, può dipendere da molti fattori: il processo produttivo, le caratteristiche del materiale di partenza, il tipo di coltivazione che si adotta e anche quando tutte le condizioni fossero le stesse, the due lotti produttivi c’è un certo grado di variabilità dovuto alla natura stessa del prodotto biologico, le cui cellule sono per natura “individuali”, legate al DNA proprio delle stesse (soprattutto nei processi autologhi), ma non diversamente, nei processi allogenici si verificano comportamenti differenti tra materiali di donatori differenti.
Questi prodotti rappresentano il fronte più esposto della scienza medica e la verifica del loro grado di qualità apre specifiche sfide. Per questo motivo, la norma attesta che bisogna riconoscere un certo livello di flessibilità nella valutazione del prodotto, in modo che il produttore possa mettere in campo le misure che sono più appropriate relativamente alle specifiche caratteristiche del processo di manipolazione e di maturazione del prodotto stesso.
La parte dell’approccio Risk Based merita sicuramente un approfondimento.
Non possiamo descrivere tutte le occorrenze della parola “rischio” all’interno del documento perché sarebbero centinaia e il documento diverrebbe ingestibile. Possiamo però mettere insieme una serie di considerazioni con l’intento di sottolineare quale significato abbia fare un’analisi del rischio nella produzione degli ATMP, nel momento in cui il processo viene eseguito all’interno di una facility GMP, in accordo alle linee guida, e menzionare le possibili implicazioni per ciascuno degli argomenti esaminati, incluse specifiche possibili alternative messe in conto dal regolamento stesso.
Come già accennato la complessità del prodotto ATMP pone specifiche questioni relativamente fatto che all’interno del prodotto finito ci potrebbe essere un certo livello di variabilità che è sostanzialmente legato alla natura biologica del prodotto e dunque ad un numero di fattori che condizionano il risultato finale, in maniera sostanzialmente diversa dalla tradizionale chimica farmaceutica.
Two other factors are added to this intrinsic variability:
A questa intrinseca variabilità si aggiungono due cose:
Questa richiesta di un approccio flessibile, si fonda sulle successive considerazioni:
Questa flessibilità non deve però far pensare che sia intento del legislatore abbassare la guardia: viene ribadito Infatti chiaramente (punto 2.13) che i requisiti di qualità, sicurezza ed efficacia degli ATMP, anche in un approccio Risk-Based devono essere garantiti per tutti i farmaci di questo tipo siano essi sviluppati in ambiente ospedaliero accademico o industriale.
E poi ancora al successivo punto 2.14 continua
““I produttori sono responsabili della Qualità degli ATMP che producono. L’approccio Risk Based consente al produttore di progettare le misure organizzative, tecniche e strutturali da mettere in atto per essere in accordo con le GMP e dunque assicurare la qualità in merito ai rischi specifici del prodotto e del processo di fabbricazione. Il produttore è il responsabile della messa in atto delle misure di controllo/contenimento che sono necessarie per indirizzare rischi specifici del prodotto o del processo di fabbricazione”.
Il documento (che erroneamente viene considerato un regolamento, ma in realtà è una Linea Guida, ovvero una facilitazione per interpretare la legge, nello specifico contesto dell’ATMP) è strutturato in accordo a quanto riportato in riquadro. L’analisi che vogliamo proporre però, in questa sede, più che scorrere ed analizzare il contenuto delle singole voci, una per una, vorrebbe provare ad essere trasversale su alcuni argomenti chiave e dunque andare a sottolineare vedere come un dato argomento viene declinato e quali conseguenze pratiche ha, in relazione ai diversi contesti in cui si presenta. I singoli argomenti verranno successivamente approfonditi con schede dedicate che saranno accessibili tramite il sito.
Structure del Documento
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Non vi è dubbio che, sebbene come visto nelle pagine introduttive, gli ATMP presentino diversi fronti in cui la sfida si gioca, uno tra quelli fondamentali è sicuramente il concetto di Asepsi e di produzione in asettico.
Come detto il punto è trasversale al documento. Uno dei punti dove l’argomento è particolarmente stressato lo troviamo nel capitolo 3. dedicato al personale.
In particolare quello che si evidenzia è:
Per il Legislatore, il personale addetto rappresenta la principale forma di potenziale contaminazione dell’ambiente asettico |
Mentre nel capitolo 4, dedicato agli ambienti di lavorazione:
Il livello di rischio determina il grado di classificazione dell’aria, tenendo in conto della natura del prodotto e del processo di produzione, con particolare riguardo a che questo avvenga in un sistema aperto o chiuso. |
Il concetto di Asepsi viene ulteriormente declinato nel Capitolo 5, dedicato alle apparecchiature:
Posizione e modalità d’uso delle apparecchiature devono essere predisposte in modo da minimizzare i rischi. Le connessioni devono essere realizzate in condizioni asettiche (A/B o isolatore) oppure per mezzo di dispositivi sterilizzabili o idonei a mantenere la sterilità della connessione.
Nel capitolo 7 – Materiali di partenza e accessori
Sappiamo bene che una delle componenti più critiche del processo di produzione di ATMP – soprattutto nella loro espressione autologa, è il prelievo ed il trasferimento presso il centro produttivo del materiale stesso. In questo caso infatti, il materiale di partenza è una biopsia del paziente al quale, in una fase successiva, le cellule saranno nuovamente trapiantate. Questo prelievo, pur avvenendo in ambiente intraoperatorio, sfugge al controllo della produzione GMP e dunque potrebbe essere più facilmente contaminato. Per questo motivo, è possibile che, nella fase di raccolta, si faccia uso di antimicrobici o di antibiotici. Ma – ribadisce la linea guida, nel caso di faccia uso di antimicrobici e/o antibiotici, deve essere garantito che la loro presenza non compare nel prodotto finito, a meno che non sia esplicitamente ricompresa nell’autorizzazione all’immissione in commercio o alla sperimentazione clinica del prodotto finito. E ancora nel capitolo 9 (relativamente all’uso di Gas Medicali, con l’eccezione dell’Azoto usato per crioconservazione).
Il capitolo 9 ci offre però l’opportunità, sempre relativamente all’analisi dell’asepsi durante la lavorazione, di approfondire il discorso dei sistemi chiusi.
Recita infatti la Linea Guida:
9.39. La maggior parte degli ATMP non può essere sterilizzata terminalmente. In tali casi, il processo di produzione deve essere condotto in modo asettico (cioè in condizioni che impediscono la contaminazione microbica).
E poi successivamente
9.41. Produzione in un sistema chiuso, in un isolatore o isolatori a pressione positiva: è accettabile un’area pulita di background di grado D.
La definizione di sistema chiuso rimane sempre controversa e il giudizio su cosa sia chiuso ma soprattutto su cosa possa essere considerato chiuso dall’inizio alla fine del processo non è univoco. Soprattutto le fasi di introduzione del materiale in sistema chiuso e poi della successiva raccolta e formulazione finale sono oggetto di discussione o perlomeno soggette ad interpretazione perché, necessariamente, presuppongono un travaso, un trasferimento di materiali sensibili tra contenitori differenti.
Le linee guida sono però a proposito molto chiare, come al successivo punto 9.44
9.44. Quando i materiali vengono aggiunti / estratti dal sistema chiuso senza una connessione asettica (ad esempio l’uso di connettori sterili, l’uso di filtri), il sistema non può più essere considerato chiuso
Si palesano dunque strade diverse per dirimere la questione:
Ad evitare peraltro interpretazioni errate, la linea guida specifica in maniera chiara il caso opposto, ovvero quando si lavora in Cleanroom con un sistema aperto sotto flusso laminare in cappa:
9.46 Produzione in un sistema aperto: In generale, quando il prodotto è esposto all’ambiente (ad esempio lavorando sotto flusso d’aria laminare), per la preparazione asettica e il riempimento è necessaria un’area pulita di grado A con un’area pulita di background di grado B.
Per terminare infine questa analisi, sulla declinazione del concetto di asepsi all’interno della nuova Linea Guida, ci soffermiamo (ma questo non differisce da quanto già sappiamo per tutte le lavorazioni asettiche), sulla validazione del processo.
La linea guida prevede infatti per il processo di validazione, l’esecuzione di un media-fill, allo scopo di simulare il processo stesso nelle reali condizioni di produzione e verificare il rispetto delle condizioni GMP attraverso la verifica della sterilità del risultato del test. Si dovrebbe per questo utilizzare un mezzo adeguato (terreno utilizzato tipicamente per le colture cellulari) e registrare, come è uso, il risultato del test. La simulazione del processo dovrebbe concentrarsi su tutte le operazioni eseguite da operatori che prevedono fasi di processo aperte.
Dato che il concetto di asepsi è fortemente connesso con il concetto di “chiusura” del sistema, in questa breve nota di approfondimento il successivo argomento trasversale che intendiamo affrontare è proprio quello che, nel documento, ruota intorno alle diverse declinazioni del concetto stesso di “sistema chiuso”.
Questo passaggio corrisponde ad una sostanziale differenza con quanto fatto fino ad oggi. Tutti noi siamo cresciuti con il concetto che in una Cleanroom si lavora un prodotto alla volta – che nel caso di una terapia cellulare autologa, ad esempio, corrisponde evidentemente ad “un paziente per volta”. Evidentemente questo è percepito come un fattore limitante – e lo è invero – ma, con le metodologie e le normative in vigore finora, non sembra ci sia la possibilità di bypassare questo punto utilizzando l’approccio tradizionale.
Sotto certe condizioni, però, la norma lascia aperta una porta per andare oltre questo concetto. Andiamo per ordine.
Intanto un concetto ribadito – al punto 4.17, a confermare che nulla è sostanzialmente cambiato:
4.17. Le attività di produzione relative a diversi materiali di partenza e / o prodotti finiti devono essere fisicamente o temporalmente separate.
Ora, evidentemente, se sto lavorando in una cleanroom, lavorare con più lotti contemporaneamente e allo stesso tempo rispettare il principio espresso sopra non appare per nulla semplice. Certamente occorre mettere insieme diversi pezzi per garantirsi la separazione fisica e temporale. Ci sono dunque delle applicazioni concrete dell’apertura apparentemente concessa dalla Linea Guida?
Al successivo punto 4.18, sotto il cappello “Separazione fisica” la linea guida stessa ci viene in aiuto affermando:
4.18. La produzione concorrente di due diversi lotti ATMP nella stessa area non è accettabile. Tuttavia, i sistemi chiusi e contenuti possono essere utilizzati per separare le attività
Dunque, il sistema chiuso costituisce, di per sé, una separazione fisica, e per questo motivo, in accordo alla linea guida e prese le opportune precauzioni (risk analysis!) la produzione in sistemi chiusi contempla la possibilità che lotti diversi siano prodotti nello stesso ambiente, purché in presenza di una barriera di separazione.
La linea guida non potrebbe essere più chiara al successivo punto 4.19
4.19 L’uso di più di un isolatore chiuso (o di altri sistemi chiusi) nella stessa stanza allo stesso tempo è accettabile, a condizione che siano adottate misure di mitigazione appropriate per evitare la contaminazione incrociata o confusione di materiali, compresa l’espulsione separata dell’aria esausta dagli isolatori e regolari controlli di integrità dell’isolatore.
Quindi esplicitando la norma, vi invitiamo ad approfondire con un recente case study, come Comecer ha sviluppato un laboratorio per Co.don AG:
Tuttavia, c’è una regola che completa l’argomento (4.20): se i virus vengono elaborati, deve esserci un’espulsione completa dell’aria, non può esserci alcuna forma di ricircolo.
Inoltre, in caso di produzione contemporanea di vettori virali, è necessario prevedere una gestione dei rifiuti chiusa, separata e unidirezionale.
L’essenza delle strutture multiprodotto:
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Un’altra importante apertura la troviamo al punto 4.23
4.23 L’incubazione / conservazione simultanea di diversi lotti all’interno dello stesso incubatore è accettabile solo se sono fisicamente separati (ad esempio colture cellulari distinte in contenitori chiusi). Quando l’incubazione / stoccaggio simultaneo di lotti diversi avviene come descritto sopra, il produttore deve valutare i possibili rischi e attuare misure appropriate per evitare confusione di materiali.
In base a questa regola, due diversi lotti possono essere processati nello stesso incubatore purché in contenitori chiusi. L’azione deve essere giustificata e deve essere prodotta una dimostrazione che il concetto funziona e non causa inconvenienti. Ovviamente questo concetto non può essere applicato nel caso si manipolino virus.
Questi paragrafi analizzati finora, ci mostrano come, per il legislatore, la presenza di sistemi chiusi possa costituire un vantaggio tecnologico per chi possiede tale opzione. D’altro canto, anche dal punto di vista pratico e operativo, appare evidente che aver a disposizione sistemi chiusi e garantisce un livello di segregazione superiore. Intorno a questa segregazione rafforzata possiamo costruire con successo la nostra procedura asettica.
Facendo un ulteriore passo avanti, ci occupiamo ora della seconda parte dei concetti espressi al punto 4.17. La separazione temporale.
Recita testualmente la norma al punto 4.26:
4.26 L’intera struttura produttiva o un’area di produzione autonoma può essere dedicata alla campagna di produzione di un prodotto specifico seguita da un processo di pulizia di efficacia convalidata.
Come interpretiamo questo passaggio? Due lotti successivi possono essere prodotti nello stesso ambiente chiuso, fornendo procedure di pulizia adeguate tra le due campagne. Il che sta a significare che dobbiamo essere in possesso di un efficace sistema di pulizia, per poter utilizzare lo stesso ambiente per successive campagne, oppure dobbiamo essere in possesso di materiali di processo “completamente monouso”, in aggiunta alla procedura di pulizia ambientale.
Ancora una volta ci appare chiaro che, sebbene la norma non impedisca che tale processo avvenga anche in una cleanroom tradizionale, le procedure di sanitizzazione della stessa sono di per sé una limitazione ad un uso intensivo e multiprodotto, dovendo necessariamente adeguarsi alle tempistiche e ai costi di una sanitizzazione manuale.
Da questo punto in poi, seguendo all’interno della linea guida il filo dei sistemi chiusi, non si fa altro che ripercorrere le orme tracciate precedentemente in relazione alle lavorazioni asettiche e si “ripassa” dai punti 9.39, 9.41, 9.44 che abbiamo percorso precedentemente.
Riteniamo che in questa analisi ancora un punto meriti attenzione. Ed è il successivo 9.49:
9.49. L’uso di tecnologie come ad es. l’elaborazione all’interno di kit monouso sterili, l’incubazione in fiasche chiuse, sacche o bioreattori in un ambiente di grado C può essere accettabile se vengono implementate adeguate misure di controllo per evitare il rischio di contaminazione incrociata (ad esempio controllo appropriato dei materiali, flusso del personale e pulizia). Un’attenzione particolare dovrebbe essere prestata se i materiali vengono successivamente spostati in un’area pulita di grado superiore.
I bioreattori chiusi e la manipolazione in sistemi chiusi sono diventati di recente più popolari. In ogni caso è obbligatorio implementare i controlli per garantire la conservazione delle separazioni appropriate tra diversi lotti e implementare misure adeguate per garantire che i passaggi tra sistemi rispettino i corretti gradi di classificazione e di pulizia degli ambienti in cui effettuiamo le manipolazioni a rischio.
Siamo coscienti che questo non è un lavoro esaustivo e che sicuramente letture successive potranno portare ad altre più e meglio approfondite analisi. Quello che abbiamo cercato di fare, in questo scritto, è di fornire non una versione sequenziale, ma un inquadramento ed una versione trasversale rispetto ad alcuni concetti chiave, innovativi e adeguati ai tempi, che il documento si è proposto di affrontare. Peraltro, chi scrive è informato e ha certezza, per averlo visto di persona, che il documento ha sortito effetti concreti presso i produttori che, forti dello strumento di analisi del rischio, hanno potuto, in certi casi, modificare le loro procedure in senso semplificativo, giustificando e mettendo in opera azioni correttive e mitiganti, a garanzia della qualità del prodotto e senza alterare la sicurezza del paziente, destinatario ultimo dei nostri sforzi.
Autore: Marco Fadda, ATMP Solutions Manager
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